La commedia della vanità, scritta fra il 1933 e il 1934, pubblicata nel 1950 e rappresentata per la prima volta nel 1965, descrive un mondo distopico nel quale un governo totalitario stabilisce “per legge” che la vanità è vietata e ogni strumento atto a tenerla in vita eliminato. Sono banditi tutti gli specchi e i produttori degli stessi messi a morte: ma più che l’autocelebrazione, a essere distrutta è l’idea stessa di identità. Che cosa rimane? Un sostrato lessicale intricato e mutevole; parole restituite fedelmente da Canetti così come le ha sentite e raccolte attraverso il meccanismo della “maschera acustica” ovvero la riproposizione del linguaggio senza modifiche o abbellimenti, che si tratti di dialetto, parlata sgrammaticata o, al contrario, aulica.
Nella rilettura di Claudio Longhi, questo coro polifonico deborda dal palcoscenico ad investire la platea, restituendo al pubblico tutta l’urgenza e la profondità – ma anche il divertimento – del testo di Canetti. Sullo sfondo l’incubo di una dittatura nascente acclamata a gran voce.
Il regista sottolinea che «È una critica aspra, quella di Canetti, che non può lasciare indifferente il nostro presente, regno assoluto e incondizionato del selfie. Eppure il testo, nella sua crociata iconoclasta, ci induce a riflettere pure su come le dinamiche rappresentative siano effettivamente costitutive della dimensione identitaria. L’astinenza da immagine induce al dissolvimento dell’io, ma questo dissolvimento esaspera, per converso, il bisogno di io – aprendo la strada a sbandamenti populistici e autoritaristico-dittatoriali. Nella parte finale della drammaturgia vanno in scena individui che, dopo anni di vessazioni e negazioni della rappresentazione, hanno perso la propria identità e che proprio per questo si dedicano all’erezione della statua di un nuovo dittatore. La costruzione dell’identità si è ormai trasformata in loro in un bisogno perverso».
Con Canetti, Claudio Longhi traccia una continuità con alcuni dei suoi ultimi lavori realizzati per Emilia Romagna Teatro Fondazione, fra cui La resistibile ascesa di Arturo Ui, Il ratto d’Europa e Istruzioni per non morire in pace, accomunati tutti da una riflessione sull’idea di Europa, nel nostro presente e nei primi anni del secolo scorso, e sui rischi di uno sbandamento dittatoriale.
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L’incontro
Venerdì 17 gennaio, ore 17, al Chiostro Nina Vinchi (via Rovello 2 – M1 Cordusio), la compagnia incontra il pubblico.
L’ingresso è gratuito previa prenotazione su Piccolo teatro
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Piccolo Teatro Strehler (Largo Greppi,1 – M2 Lanza), dal 15 al 26 gennaio 2020
La commedia della vanità
di Elias Canetti, traduzione Bianca Zagari
regia Claudio Longhi
scene Guia Buzzi, costumi Gianluca Sbicca
luci Vincenzo Bonaffini, video Riccardo Frati
con Fausto Russo Alesi, Donatella Allegro, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Diana Manea, Eugenio Papalia, Aglaia Pappas, Franca Penone, Simone Tangolo, Jacopo Trebbi
e con Rocco Ancarola, Simone Baroni, Giorgia Iolanda Barsotti, Oreste Leone Campagner,
Giulio Germano Cervi, Brigida Cesareo, Elena Natucci, Marica Nicolai, Nicoletta Nobile,
Martina Tinnirello, Cristiana Tramparulo, Giulia Trivero, Massimo Vazzana
violino Renata Lackó, cimbalom Sándor Radics
drammaturgo assistente Matteo Salimbeni
assistente alla regia Elia Dal Maso
preparazione al canto Cristina Renzetti
trucco e acconciature Nicole Tomaini
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Fondazione Teatro della Toscana, LAC Lugano Arte e Cultura nell’ambito del progetto “Elias Canetti. Il secolo preso alla gola”