La terza opera in programma alla 43a edizione del Rossini Opera Festival è ‘Otello’, nuova produzione in scena da giovedì 11 agosto presso la Vitrifrigo Arena, diretta egregiamente da Yves Abel, alla guida dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e del Coro del Teatro ‘Ventidio Basso’ (preparato da Giovanni Farina). La regia è firmata da Rosetta Cucchi, con le scene di Tiziano Santi, i costumi di Ursula Patzak e le luci di Daniele Naldi (repliche il 14, 17 e 20 agosto).
Il cast è all’altezza della situazione: Eleonora Buratto (che si contraddistingue per una vocalità densa e morbidissima) impersona Desdemona: è quasi schiacciata in scena da tre tenori oltremodo grintosi: Dmitry Korchak nelle vesti di Rodrigo, il figlio del doge; Antonio Siragusa in quelle del furioso Iago; Enea Scala, in quelle di Otello.
‘Otello’ è la seconda di una serie di nove opere composte da Rossini per Napoli: il librettista Francesco Maria Berio di Salsa aveva scritto i versi non basandosi direttamente sulla tragedia di Shakespeare ma- come era abituale all’epoca- usando adattamenti contemporanei (‘Othello, ou le More de Venise’ di Jean-François Ducis, 1792).
L’opera andò in scena il 4 dicembre 1816 al Teatro del Fondo di Napoli riscuotendo grandi consensi tanto da entrare nel repertorio fino al 1870.
Sostituendo talvolta la conclusione tragica con un lieto fine, venne rappresentata in tutto il mondo fino a che venne sostituita nei gusti del pubblico dall’Otello di Verdi, alla fine del XIX secolo,
A partire dagli anni Cinquanta, grazie alla Rossini Renaissance, ‘Otello’ è apparsa di nuovo nei cartelloni dei teatri d’opera, rivelando un’opera che mantiene intatta la sua validità: in particolare il terzo atto, comprendente la famosa ‘Canzone del Salice’, è ritenuta una delle più grandi creazioni rossiniane.
È curioso registrare come le uniche due opere musicali aventi per soggetto l’Otello di Shakespeare siano musicate da due operisti italiani: Rossini e Verdi. Ancor più curioso è il fatto che poste ai due estremi dell’Ottocento, rappresentino l’inizio e la fine dell’opera italiana ottocentesca, dall’epoca rossiniana a quella verdiana.
Inevitabile per la regista Rosetta Cucchi, rileggere l’opera l’opera -titolo clou dell’edizione 2022 del ROF- con sensibilità prettamente femminile.
‘La storia di Desdemona, uccisa da Otello che lo accusa di averlo ingiustamente tradito, è drammaticamente anche la storia di tante donne che quotidianamente riporta la cronaca: vittime che si sentono colpevoli.
Questo mi sconvolge perché mi chiedo quale meccanismo scatti in una donna maltrattata per convincerla di questo, di come faccia una vittima innocente a sentirsi colpevole, quasi giustificando l’uomo che la uccide’- ha commentato di getto alla stampa giorni fa.
‘Non ho rappresentato Otello come un uomo di colore perché in Rossini il colore della sua pelle non è cruciale- sottolinea la regista pesarese- Io vedo Otello come un militare, figlio di un padre tirannico, che si sente un pesce fuor d’acqua nell’alta società che frequenta e a cui appartiene Desdemona. Pure lei è oppressa dal padre, perciò tende ad autocolpevolizzarsi nel confronto con qualsiasi individuo di sesso maschile’.
La Cucchi ha riletto la vicenda più sul fronte sociale che su quello storico:
‘ Il mio Otello non è bianco o nero, è una persona che si sente non accettata dal mondo al quale appartiene la donna che ama: tutti gridano Viva Otello, ma lui avverte che è una frase vuota, che non corrisponde ad un sentimento reale. Un sentirsi estraneo che, penso, è una sensazione che tutti avvertiamo prima o poi o abbiamo avvertito nella vita. In Otello, però, questo scatena odio’.
Quello che la turba profondamente è l’indifferenza, la grande insensibilità al dolore che prova la società di fronte ad un fatto cruento, come se ci fossimo abituati…
‘ Così ho pensato che oggi la tragedia di Desdemona si compirebbe davanti all’indifferenza generale di una società borghese estranea alla miseria e alla povertà’.
L’ambientazione dell’opera è molto vicina ai nostri giorni:
‘ Per i toni e le atmosfere mi sono ispirata al film del 1998 Festen di Thomas Vinterberg, regista del gruppo Dogma 95 di Lars von Trier. Anch’io ho immaginato una cena di una famiglia borghese, quella del Doge, di Elmiro, di Rodrigo: tutto avviene intorno a un tavolo e Otello uccide Desdemona davanti a tutti, senza che nessuno faccia nulla per impedire la tragedia.
Anzi, applaudono!’