Anche quest’anno ha raggiunto ottimi esiti la prestigiosa mostra istituzionale “Divina Bellezza”, Visioni d’arte e di poesia evento etico del Certamen, by International art prize Giotto, svoltosi dall’11 al 16 ottobre presso la Biblioteca e sala Museo Elio Vittorini, Via Roma 31, Palazzo del Governo, Ortigia, col Patrocinio gratuito del Libero Consorzio Comunale di Siracusa. Anche nelle sezioni astratto, informale, scultura, disegno, pop art partendo dall’analisi del titolo gli Artisti( Pasquale Viscuso, Vincenzo Presenti, Armando Nigro, Viviana Cuozzo, Cav Luigi Maria Messina, Gianna Eterno) hanno ridefinito e ridisegnato la bellezza con esiti pittorici importanti per tornare alla forma originale, rivelando un rigorosa tecnica che esalta la tridimensionalità mediante le proiezioni e la perfezione dell’angolo prospettico. I dipinti sono stati selezionati dal Critico d’arte Melinda Miceli e dal Comitato scientifico del Premio per la loro valutazione tecnico-figurale che si traduce in un’evoluzione stilistica nella scelta dei soggetti e nella maturazione degli stili in relazione al tempo contemporaneo ma anche al suo storico simbolismo.
Si ringraziano gli artisti per la preziosa collaborazione che ha reso possibile una buona riuscita della mostra.
Di seguito stralci delle recensioni dei premiati:
Pasquale Viscuso Primo sezione pittura Astratta a Divina Bellezza by International Art Prize Giotto
L’Artista defunto appartiene alla corrente dell’Espressionismo astratto, termine coniato da Robert Coates, e che coinvolse artisti come Wassilly Kandinsky.
I campi cromatici sono usati nella “Sibilla” di Pasquale Viscuso per dissolvere vari gradi di astrazione e trasmettere un potente contenuto emotivo: un senso morale alienato dalla globalizzazione dell’immagine femminile di una società effimera e consumistica. La sua enfasi sulla creazione spontanea, automatica o subconscia crea un’interpretazione della visione totemica che si fa anche dramma esistenziale, Sibilla è dunque non un quadro ma un evento vitale. La meraviglia della folgorazione comunicativa del maestro dell’astrattismo siciliano coinvolge attraverso ancestrali messaggi di bellezza e di simbolismi rivelando l’essenza stessa della donna Sibilla, impressionando tutti col suo messaggio subliminale.
La solitaria intimità del suo sguardo è fissato qui in una figura frontale che guarda verso lo spettatore in maniera rivelatoria, quasi volesse sfidare l’immobilismo del tempo attraverso il suo trasformismo grafico. La dislocazione figurale dei colori caldi come il rosso tramonto, arancio, giallo, verde e la venatura di freddo azzurro, disposto a fasce oblique e vorticistiche, ne contorna e amplifica la funzione di condizione-metafora intrinseca al corpo femminile.
Il vorticismo orbicolare segna i tratti della sua figura, attraverso pennellate abili e nette che delineano l’opposizione del “soggetto definito” al suo sfondo geometrico finito nel quale essa è racchiusa. I significati cromatici che racchiudono l’intera tavolozza e l’opposizione del vorticismo sferico alle linee che s’intersecano a maglia sullo sfondo indicano l’Eternità personificata nel femminile della Sibilla, la donna dall’intuito eletto, racchiuso in un cosmo olografico preordinato, limitato, nel quale il soggetto stesso reca una mimetizzazione per far sussistere la sua diversità esistenziale.
Vincenzo Presenti primo premio sezione Disegno e tecniche miste
Novità assoluta “rebis” fusione degli opposti, uomo e donna in un’unica testa di moro. Opera di estetica filosofica platonizzante; l’essere vivente non è altro che la metà di due individui divisi al principio da Zeus che li separò per lasciarli in cerca l’uno dell’altro. Al principio esistevano tre generi di esseri viventi: il maschio, la femmina e l’ermafrodito. L’opulenza delle stoffe, la corona dai toni quasi fluorescenti in stile pop, rendono quest’immagine la rappresentazione acronica dell’androgino platonico, del ritorno a una completezza dell’Essere Umano che riconosce tutte le proprie parti e, perciò, non teme la propria primigenia regalità. Il messaggio anti-marziale e pacifista dell’Artista sta nell’avvicinare i due generi così distanti, e divisi da gabbie di religione e di razza, in un unico essere che convive e che coesiste con sue analogie e differenze. Si può anche pensare che Vincenzo Presenti voglia indicare la difficoltà di essere se stessi, in un mondo sempre più virtuale. L’avverbio è dovuto, in quanto le Opere di alto valore sono sempre polisemiche. La fusione degli opposti si fa dunque su quest’impattante tela, conoscenza e ricordo del Sapere interiore che giace a livello innato nella nostra anima, eppur cancellato dal progresso della civiltà robotica.
Armando Nigro primo premio sezione Disegno con Riflessi di donna
Realizzata con matita su tela di stile iperrealista, la donna dai lunghi capelli scuri, di stupende fattezze fisiche, riflessa nel gioco degli specchi appare quasi risucchiata dal suo Mistero; immagine attinta dall’iperuranio delle idee che inverte la realtà oggettiva. E’ questo il senso del dipinto Riflessi di donna di Armando Nigro dove quello specchio, si manifesta come un portale per fate e si ravvisa sul suo volto di ella la sorpresa di vedersi in una dimensione atemporale. Il segno della matita esaltante la bellezza del soggetto è incisivo e sicuro, nitido anche nel rappresentare la morbidezza e la dolcezza delle sensuali forme, velate dal pizzo magistralmente decorativo e preciso, e dal tulle, declina un forte richiamo alla vanità del femminile.
Il volto sembra circondato da un’aura astratta come la sua immagine riflessa, che si perde in uno sfondo dove le forme si uniscono doppiandosi sulla geometra arcana su cui quale poggiano. L’adolescenza giocosa e innocente, ha ceduto il posto alla giovinezza, le inquietudini e le paure sul tempo attraversano la linea del tempo in questa mirabile interpretazione di Armando Nigro nella quale l’atteggiamento esteriore solare ed erotizzante nasconde una dimensione magico-intimistica. La cura dei dettagli è opera di una mano che predilige il Femminino in ogni suo riflesso.
Primo premio sezione scultura Viviana Cuozzo con ANIME GEMELLE
Stella marina, piume, metallo, creano un suo universo in cui gli opposti, i colori neutri e le ombre, con le luci e le forme, riflettono immagini e identità di mondi interiori. La sintesi espressiva di questa scultura scompone i livelli, li sovrappone e crea uno spazio mentale, in cui nasce l’innovazione reale del coraggio di inventare, di provocare emozioni evocate dall’anima a rendere visibile ciò che non sempre lo è. Il firmamento è il punto di riferimento intorno al quale ruota l’intera esistenza manifesta. Il mondo Terrestre non è escluso, anzi diventa la relazione necessaria perché vi sia questa distinzione. Nel metallo del piedistallo è incarnata la terra, nelle piume il cielo, nelle stelle marine il mare. La composizione presenta al centro 2 stelle marine contrapposte e ruotate di 1/3 di giro l’una rispetto all’altra, nel centro, quasi un cuore, hanno una conchiglietta striata, il loro legame è una raggiera di piume nere. Nel rimando all’idea generale del connubio tra il sole e la luna, uno davanti all’altra, vi è anche l’eco di un ostensorio del Santissimo Sacramento. L’unione dei simboli del Mondo Celeste e del Mondo Marino nella ricerca scultorea di Viviana Cuozzo è tesa a creare una sorta di cosmologia, attraverso la particolare modulazione o andamento caratteristico che conferisce siffatta fisionomia ultraterrena.
Primo premio sezione pittura informale. Viviana Cuozzo con l’opera L’AMOR CHE MOVE IL SOLE E L’ALTRE STELLE
Trasposizione informale ed allegorica della concezione fisica-aristotelica delle sfere, concentra nel nucleo dorato, la Visio Paradisiaca dantesca. Fondata sul principio di emanazione della luce, possiede i colori dei quattro elementi che compongono il cosmo, simile a un rosone intorno a cui danzano sfumature cangianti che rappresentano i pianeti ma anche le vicende umane, con colori terreni nei quali permane sempre il principio aureo. Le pennellate che si stendono a raggiera sulla tela, mantengono la stessa levità della Luce, non caricandosi mai come oro profano, permettendo di percepire l’immensità del macrocosmo, sorretto e alimentato dal Divino. Una realizzazione sacra moderna figlia di un processo di improvvisazione psichica per superare la storica contrapposizione tra realismo e astrattismo, che trova una porta di accesso al firmamento attraverso una figurazione sognante ed onirica.
Cav. Luigi Maria Messina primo premio sezione Pop art a International art Prize Giotto
“Come il ritratto di un personaggio cinematografico, icona di un prodotto commerciale o di un prodotto mediatico, la magnifica preda-cacciatrice, bellezza bruna, languida e pensierosa, rappresentata con pennellate pop stile Andy Warhol, reclina il capo: le labbra vermiglie e le palpebre ombreggiate di color cinerino. La veste elegante sul collo sensuale ma pudicamente accollata, sostiene lo sguardo immerso nella sua stessa enfasi. La luce in quest’immagine accende la sensualità del femminile e si fa quasi bidimensionale come anche gli accordi cromatici, stagliandosi su un fondo uniforme nero, spaziale e vacuo, volutamente deferenziato che la sottrae all’univoco e la mette subito in evidenza. Aggredisce quasi l’occhio un gioco planare di linee e colori violenti privi di sfumature, smorzando l’impatto metafisico per rinviare a una veduta virtuale e simbolica. Il tema riguardante il ritratto è elaborato dal maestro Cav. Luigi Messina con grande efficacia, alla luce di una riflessione estetica originale che affievolisce il linguaggio semiotico-sociale inerente la pop Art”.
Gianna Eterno primo premio ex aequo sezione Arte Pop
Un interno familiare, sobrio ma curato richiama una Domenica di campagna in autunno. Sono doni i frutti, ben lucidati e succosi che richiamano la bellezza della cultura contadina delle terre italiane. Una delle teorie che riguardano la nascita del nome del nostro magnifico Paese, si riferisce al significato delle sillabe I-TAL IA che, per le prime comunità ebraiche del Centro-Sud nate dalla diaspora, significavano Isola della Rugiada Divina. Proprio questa rugiada è posata sugli oggetti, nati dal cesto di Cerere e disposti su una superficie un po’ ruvida, simile a un tovagliato di cotone. Su questo particolare soggetto pittorico, la natura, difficile definirla “morta” appare come uno studio che ambisce a una propria carica espressiva nell’esaltazione della caducità della vita. L’orchestrazione vivida di accenti e nuances fa riflettere sulla fragilità dell’esistenza umana e pone l’accento sulla vita terrena, non priva di echi e di memorie. Il contrasto, tra la natura morta rappresentata realisticamente e le luci accese sui colori della terra, mettono in risalto il volume degli oggetti aumentando la loro difformità. Ancora sullo sfondo è visibile la memoria delle cromie del mondo classico, citazione immancabile in ogni dipinto di Gianna Eterno.
Dott.ssa Melinda Miceli critico d’arte