Secondo alcune recenti ricerche, in Italia, un italiano su due soffre di stress causato dal lavoro. E il Covid-19 ha peggiorato questa situazione: con la diffusione dello smart working, infatti, le persone colpite da esaurimento nervoso sarebbero aumentate addirittura del 20%. Da cosa dipende? Una delle cause potrebbe essere legata alla difficoltà di separare la propria vita privata da quella professionale oppure dalla difficoltà di staccare veramente dal proprio lavoro quando si vive costantemente connessi. Ma potrebbe esserci una ragione ancora più profonda: avere a che fare con manager o colleghi tossici che, a lungo andare, hanno impatti molto negativi sull’ambiente, sulle performance e sulla salute delle persone.
“Sentire lamentele legate al proprio capo, al proprio lavoro o magari a qualche collega – precisa Francesca Contardi, managing director di EasyHunters, prima società di ricerca e selezione con un Digital Operating Process – non è certo inusuale e non ci stupisce affatto, ma ci sono casi in cui l’ambiente diventa talmente tossico da compromettere il benessere delle persone e, a lungo andare, anche le loro performance. In questo secondo caso, è fondamentale intervenire tempestivamente e promuovere piani di gestione dello stress per non compromettere la salute delle persone ed evitare di perdere i migliori talenti a causa di un ambiente di lavoro non stimolante o, peggio ancora, tossico”.
Come riconoscere un Toxic Worker? E come relazionarsi con questo genere di capo o collega? Quelli che potremmo definire leader tossici hanno una serie di comportamenti che possono aiutarci ad individuarli: tendono a non ascoltare, hanno un atteggiamento aggressivo, hanno scarsa attenzione nei confronti di chi lavora insieme a loro e dei risultati, promuovono o assumono le risorse sbagliate e tendono a criticare eccessivamente, spesso anche in pubblico.
Lavorare in queste condizioni, nel corso del tempo, può avere impatti molto negativi perché aumenta notevolmente i livelli di stress e rende difficoltoso concentrarsi, rimanere motivati e impegnarsi per raggiungere gli obiettivi prefissati.
“Non è sempre facile – aggiunge Francesca Contardi – rendersi conto che in azienda si sta creando un ambiente tossico e non è sempre semplice intervenire tempestivamente. E questo rappresenta un grosso problema perché, se non gestite, queste situazioni possono compromettere la salute non solo dei propri dipendenti, ma dell’intera organizzazione. Ora che molte persone lavorano a distanza, i conflitti possono diventare ancora più aspri e difficilmente gestibili”.
Lavoro da remoto e cattivi manager: come gestire eventuali conflitti? Parliamo spessissimo di smart working, ma sarebbe più corretto definirlo lavoro da casa che crea, in alcuni casi, situazioni scomode (spazi non adatti per lavorare, connessione poco stabile, strumenti non adeguati) e stressanti. A questo può capitare che si aggiunga un’ulteriore fonte di stress: i rapporti tesi con capi o colleghi.
“Quando vengono a mancare momenti di condivisione in ufficio o davanti alla macchinetta del caffè – conclude Francesca Contardi – è più facile che problemi di poco conto si ingigantiscano. Pensiamo, ad esempio, a differenti opinioni su un determinato argomento o sul modo per svolgere un certo lavoro: quando ci si può confrontare dal vivo, può essere più semplice trovare un punto in comune rispetto a quando si interagisce soltanto via mail o al telefono. E lo stesso vale quando si deve dare un feedback negativo. Se non ci si vede, tutto diventa più impersonale. Io consiglio di favorire occasioni di incontro frequenti, sia di team sia individuali, in modo da creare relazioni basate sulla condivisione e sulla fiducia, ma anche di non aspettare troppo prima di reagire ad un ambiente tossico perché si corre il rischio di trasferire il proprio stress anche all’interno del team o durante eventuali colloqui di lavoro. Il dialogo è sempre la scelta vincente: parlare apertamente con le persone delle proprie difficoltà può contribuire a creare un clima più sereno e a lavorare meglio”.