C’è un’Italia invisibile, ma che vuole diventare visibile. Questo Paese sta cambiando, i fenomeni migratori hanno portato qui tante persone che si sono integrate, ma restano poco rappresentate nelle istituzioni. Su Nuove Radici World, osservatorio sulla diversity leadership, SiMohamed Kaabour, presidente del CoNNGI (Coordinamento Nuove Generazioni Italiane), racconta [https://bit.ly/3Be6C4t – https://www.nuoveradici.world/attualita/io-mi-candido-nomi-e-suggestioni-per-una-tornata-amministrativa-davvero-diversa/] la rivoluzione gentile delle seconde generazioni della rete IDEM: giovani, soprattutto donne che in questa tornata amministrativa si sono presentati nelle liste elettorali con il desiderio di mettersi in gioco e partecipare in modo attivo alla politica cittadina.
«“Io mi candido perché” – spiega Kaabour – quest’anno è soprattutto il manifesto politico dei tanti italiani con background migratorio, che si lanciano in una doppia sfida: convincere gli elettori a votarli e convincere i partiti che li candidano a dare concretezza alle promesse di una partecipazione sostenibile.
Tanti i candidati in tutta Italia, nei grandi e nei piccoli comuni. Tutto questo impegno e tutti questi candidati mostrano La voglia di partecipare al processo decisionale, ma sono i percorsi e i modi che ad oggi fanno la differenza, includendo o escludendo i cittadini.
Molti candidati fanno parte di una rete nazionale, chiamata IDEM network, laboratorio civico e politico che mette insieme attivisti con background diversi accomunati dal bisogno di colmare il vuoto creatosi tra società civile e politica partitica. IDEM network risponde a questa esigenza ricomponendo interessi diversi per dare sostanza all’essere ponti tra culture, comunità. “Occorre prendersi il proprio spazio politico-mediatico e farsi promotore di istanze che sicuramente danno voce ai tanti in attesa di essere ascoltati e riconosciuti”. come ripete da settimane Siid Negash, candidato consigliere a Bologna. Siid, come tanti, è figlio della riforma della cittadinanza – che stenta ad arrivare.
Sono tante storie quelle che Kaabour racconta, storie di integrazione di voglia di emergere, come quella di Diana Paulescu e Ireneo Spencer a Roma o Maali Atila Sarih e Awa Diack a Torino. Tutti questi candidati vogliono portare la loro esperienza, la loro cultura e la loro voglia di fare.
Questi candidati ruotano attorno al mondo del centrosinistra, ma anche ci sono di cognomi stranieri anche nelle liste del centrodestra.
“Peschiera Borromeo, nell’hinterland milanese, sembra un paradigma del cambiamento multiculturale anche sul fronte della partecipazione politica”, spiega la direttrice di Nuove Radici World nel suo editoriale. Ci sono quattro candidate donne: la studentessa universitaria Kaotar Garaoui ventiquattrenne nata a Pavia, si presenta con la lista civica Peschiera riparte.
Houria Sboussa, origini marocchine come quelle di Kaotar Garaoui, si candida con la Lega. È trainer per altre donne che aspirano a diventare imprenditrici. Irina Pavel e Dulcineide de Lima invece appaiono nella lista di Fratelli d’Italia. Irina Pavel è nata a Bucarest. E si dedica al volontariato dell’associazione “Protetto” per aiutare gli italiani in difficoltà. Dulcineide De Lima è arrivata in Italia 30 anni fa. Spinta dalla violenza sociale brasiliana.
solo la prima è di seconda generazione. Parlando con termini diversi di inclusione, coesione sociale, protagonismo delle donne.
“Non sappiamo se verranno elette– molte si sono lamentate di non essere state sostenute dallo schieramento che le ha scelte –, ma questa campagna elettorale è stata un’opportunità per partecipare attivamente all’inizio di un percorso politico”, conclude Cristina Giudici, ricordando che Nuove Radici World ha lanciato la rubrica “L’Italia che cambia al voto” per raccontare alcune delle molte storie dei candidati, soprattutto giovani, soprattutto donne.
Forse la loro presenza in futuro diventerà normale, ma per ora l’accesso alle istituzioni è ancora sbarrato. Anche se son stati fatti passi avanti. Nella moda, nella musica, nelle imprese il 2021 sembra essere l’anno della diversità interculturale. Ma in politica stiamo assistendo al prologo di un libro che deve essere ancora scritto.