Perdite cristallizzate e nuovi meccanismi di protezione per le società in difficoltà. Al fine di fronteggiare le conseguenze dell’emergenza sanitaria sui bilanci delle società, il Governo ha introdotto specifiche disposizioni. Si tratta, in particolare, della normativa, racchiusa nel comma 266 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2021, i cui impatti sono stati analizzati dal dott. Paolo Divizia, Notaio in Bergamo e Milano e dal dott. Giorgio Berta, socio fondatore di Studio BNC in “Strumenti finanziari e fiscalità”, rivista edita da Egea, casa editrice dell’Università Bocconi.
Formalmente la legge dispone la dilatazione da uno a cinque anni del termine entro il quale è necessario intervenire sulla perdita e disattiva l’obbligo di intervento sul capitale sociale al fine di ovviare alle difficoltà che i soci avrebbero nel reperire mezzi finanziari ovvero, nelle ipotesi più gravi, di fronteggiare lo scioglimento e la liquidazione della società. Restano però sempre adottabili su base volontaria tutti gli “opportuni provvedimenti” disposti dal Codice ed elaborati dalla prassi notarile, da più semplici interventi di riduzione/ricapitalizzazione sino alle più raffinate operazioni straordinarie volte all’eliminazione della perdita (cc.dd. fusioni liquidatorie e non liquidatorie). In altre parole, la presenza di “perdite Covid”, se da un lato non obbliga al ripianamento, dall’altro continua a impedire la distribuzione di utili sino a quando il capitale non venga reintegrato o ridotto in misura corrispondente.
Non solo, secondo l’analisi di Berta e Divizia, la nuova disciplina emergenziale reca con sé un onere procedimentale di contabilizzazione aggravato per le società. Nel nome di una maggiore trasparenza, le perdite significative devono essere distintamente indicate nella nota integrativa con la specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell’esercizio. E negli esercizi successivi, dovranno essere accompagnate da un corredo di indicazioni programmatiche che descrivano le iniziative, passo dopo passo, messe in campo dagli amministratori per superare lo stato di difficoltà economica.
«Ma non vi sono solo note positive – avvertono Berta e Divizia – L’interpretazione estensiva della norma giunge a creare alcune storture applicative che, senza ragionevoli dubbi, possono qualificarsi come violazioni del principio di parità di trattamento». Valga il seguente esempio: le perdite maturate nell’anno 2019, dunque completamente “sganciate” dalle problematiche correlate alla diffusione della pandemia e connesse a una semplice mala gestio, se e non ripianate tempestivamente, godono del medesimo trattamento di favore dovuto alle perdite maturate nel 2020 causa epidemia. «Entrambe queste perdite – continuano Berta e Divizia – possono essere rimandate al 2026, anche se figlie di due diverse genesi: a) la mala gestio e un fortunoso indugio, nel primo caso; b) una diretta e incolpevole connessione con la pandemia, nel secondo caso. Dunque, nonostante la normativa possa essere per finalità condivisibile, è innegabile che in punto di diritto crei delle oggettive disuguaglianze».
La disciplina Covid, in ogni caso, non incide in alcun modo sulle comunicazioni che devono intercorrere fra l’organo amministrativo e l’assemblea dei soci, lasciando inalterato il diritto del socio a una completa informativa pre-assembleare. In base alle nuove disposizioni, piuttosto, tutte le perdite rilevanti che beneficiano del rinvio a nuovo quinquennale debbono essere oggetto di una indicazione separata e distinta, con specificazione della loro origine e delle movimentazioni intervenute nel singolo esercizio. Resta inoltre l’obbligo di convocare tempestivamente l’assemblea dei soci al fine di fornire un quadro informativo dettagliato, corredato dalla relativa documentazione contabile. L’assemblea, quindi, debitamente informata, potrà decidere di fruire del “quinquennio di grazia” e deliberare un rinvio dell’intervento sulle perdite.