È una storia lunga, quella dei Rufus Party, band reggiana nata alla fine degli anni ‘90 da un’amicizia tra i tre storici componenti novellaresi, oggi ancora più uniti e rafforzati dal nuovo ingresso del tastierista Samuele Seghi.
Ad oltre dieci anni dal loro primo album, l’ottimo “Civilization & Wilderness” (recentemente ristampato a grande richiesta), esce “Paradigm vol. 1”, il loro nuovo album, settimo della loro carriera.
Già nei primi anni di attività Rufus Party hanno saputo sdoganare le sonorità rock e blues che nella provincia di Reggio Emilia hanno toccato vette parecchio alte, unendo una serie di contaminazioni sonore – dalla black music al country, passando per l’Inghilterra del post punk alla California degli anni ’80 e ’90 costruendo un sound versatile e personale.
A distanza da cinque anni da “Connection”, il loro precedente album particolarmente apprezzato dalla critica, ecco arrivare questo nuovo lavoro, costretto a variare in corso d’opera causa pandemia.
Inizialmente pensato con due uscite quasi simultanee, sarebbe stato “Paradigm vol. 1 e 2” a scandire con nettezza il cambiare del tempo e dei suoni all’interno del quartetto, guidato dalla singolare voce di Alessandro Bertolotti che, al contempo, detta il tempo con il suo basso, supportato da Gianluca Lusetti alla batteria, mentre Samuele Seghi si alterna all’Hammond e piano, lasciando a Marco Parmiggiani il compito di ricucire il tutto con le sue preziose chitarre, centellinando le note, preferendo solo quelle fondamentali.
Paradigm vol. 1 è il lato più garage e sgangherato dei Rufus Party, in attesa dell’uscita di “the other side of Rufus Party” che mostrerà il loro lato più elegante, nero dove i suoni più dilatati andranno a ricercare nuove atmosfere e a colpire il cuore degli ascoltatori.
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