Lo spettacolo adattato per il palcoscenico dalla stessa Cescon e da Lorenzo Pavolini e interpretato da Valentina Banci, Olivia Magnani, Daniele Natali e Paolo Sassanelli è in cartellone martedì prossimo 25 febbraio per la Stagione curata da ATER FONDAZIONE Circuito Multidisciplinare Regionale
Dalla scena del salotto romano alle rive estreme dell’Africa, dove il gioco di specchi dell’amore coniugale si fa definitivo e accecante come la luce dei tropici. Con La donna leopardo dall’omonimo romanzo postumo di Alberto Moravia adattato drammaturgicamente da Michela Cescon e Lorenzo Pavolini con la regia di Michela Cescon prosegue martedì prossimo 25 febbraio 2020 alle ore 21.00 la Stagione Teatrale 2019/2020 del Cinema Teatro Walter Mac Mazzieri di Pavullo nel Frignano, curata per il quinto anno consecutivo da ATER FONDAZIONE, Circuito Regionale Multidisciplinare.
Lo spettacolo è interpretato da Valentina Banci, Olivia Magnani, Daniele Natali e Paolo Sassanelli; impianto scenico, video e luci sono di Diego Labonia, Simone Palma e Claudio Petrucci; la stylist è Grazia Materia, le musiche sono di Andrea Farri, la cura del movimento è di Chiara Frigo, assistente alla regia è Elvira Berarducci. Lo spettacolo, prodotto da Teatro di Dioniso di Torino – di cui Cescon cura la Direzione Artistica dal 2017 – e dal Teatro Stabile del Veneto in collaborazione con Fondo Alberto Moravia, Bompiani e Zachar Produzioni srl, ha il sostegno di Intesa Sanpaolo.
«Per secoli il ritratto è stato prevalentemente maschile. Voglio dire che nei ritratti l’uomo riusciva ad essere un personaggio. La donna invece non era un personaggio. Nei ritratti femminili c’era soprattutto l’idea della donna. Un’idea naturalmente maschile; l’idea cioè della donna come «a thing of beauty» (…). Oggi invece sta avvenendo il contrario. L’ uomo è sempre più ritratto come idea dell’uomo, cioè come idea della funzione sociale dell’uomo (…). La donna è invece sempre più rappresentata come personaggio. E questo perché l’uomo sembra ormai essere integrato nella macchina sociale; la donna no. L’uomo insomma, sembra aver perduto ogni imprevedibilità (…). La donna invece, che per tanti secoli è stata accantonata ed emarginata, si rivela ancora oggi «selvaggia» e dunque imprevedibile, come appunto deve essere ogni personaggio degno di tale nome Così in fondo bisognerebbe fare soltanto il ritratto alle donne (…). Sono le sole oggi a servirsi del loro volto e del loro corpo come di un copione nel quale è iscritta una parte da recitare. Gli uomini, loro, non possono recitare alcuna parte; sono sottomessi alle regole di un comportamento convenzionale e anonimo (…)» (Alberto Moravia) Tratto da «Non so perché non ho fatto il pittore» a cura di Alessandra Grandelis ed. Bompiani
La donna leopardo, spettacolo teatrale tratto dall’ultimo romanzo di Alberto Moravia, è la prima regia teatrale di Michela Cescon (che insieme a Lorenzo Pavolini ha curato anche l’adattamento drammaturgico del romanzo), attrice fra le più amate del cinema italiano: fra i titoli di cui è stata protagonista basta ricordare Primo amore di Matteo Garrone e Romanzo di una strage di Giordana che le valse il David di Donatello come miglior attrice non protagonista nel ruolo di Licia Pinelli; è protagonista accanto a Elio Germano del L’uomo senza gravità diretto da Marco Bonfanti.
Il progetto teatrale prende vita in coincidenza con due importanti ricorrenze: il trentennale della morte di Moravia (avvenuta a Roma il 26 settembre 1990) e i novant’anni della pubblicazione – nel 1929 – del romanzo che ne decreta il successo, Gli Indifferenti.
Dice Cescon: «È da alcuni anni che penso di portare in teatro un testo di Moravia, non uno dei suoi testi teatrali bensì un romanzo. Ho sempre pensato fossero perfetti per il palcoscenico e che ci fosse al loro interno una matrice teatrale; tra i suoi scritti si intuisce un’attenzione quasi registica ad uno spazio scenico, alla luce, ai luoghi come dei dipinti, ai personaggi dai dialoghi perfetti, con una scrittura adatta ad essere portata ad alta voce. Mi hanno sempre incuriosito i suoi racconti, i suoi romanzi brevi, ma quando lessi “La donna leopardo” capì che da lì volevo partire».
Quattro personaggi: un giornalista-Lorenzo – Colli, il suo editore e le rispettive mogli Nora, creatura inquieta e affascinante e Ada innamorata e tradita, che si trovano ad affrontare un viaggio in Africa, nel Gabon. Dalle atmosfere borghesi di una Roma conosciuta e notturna – dove le relazioni sono più nascoste e trattenute – all’Africa, che come dice Moravia è «il più nobile monumento che la natura abbia mai eretto a sé stessa», dove tutto diventa vero, senza struttura, esplode: l’uomo tende a dominare, la donna a sottrarsi, il possesso definitivo è impossibile e l’amore, come la vita, è uno stato d’allarme continuo.
I quattro attori/personaggi si muovono in uno spazio grande e libero, senza confini e strutture teatrali che lo delimitano. Non ci sono mura, non ci sono soffitti. Non ci sono oggetti, non si sfiora mai il teatro borghese: gli unici strumenti di rappresentazione sono il corpo e la voce degli attori, impegnati in una performance fisica, che hanno a che fare con strutture modulari, con un grande cubo mobile, fondali illuminati, luci, ombre, fotografie, video e una forte drammaturgia sonora. Uno spazio difficile, scomodo, a tratti claustrofobico come i serrati dialoghi di Moravia come le relazioni in cui i personaggi sono inesorabilmente avvitati.
Particolare ed intrigante la scelta degli attori. Nora è affidata a Olivia Magnani – nipote d’arte, che ha saputo negli anni ritagliarsi uno spazio nella cinematografia internazionale lavorando con registi quali Sorrentino e Faenza e, nel 2018, Ridley Scott nel film Tutti i soldi del mondo –che dà a questo personaggio complesso e a tratti irritante, una fisicità spigolosa, quasi disarticolata, espressione di un’insofferenza e di un’inquietudine sofferte e dolorose; Ada ha invece il corpo e la voce di Valentina Banci, attrice molto carismatica e con una solida carriera teatrale (lavora con Leo de Berardinis, Giancarlo Cobelli, Gianluigi Pieralli, J.S.Sinisterra, Paolo Magelli, Massimo Castri, Valerio Binasco, Roberto Latini) e televisiva; nel 2019 è nel cast di Extravergine la nuova comedy di FoxLife per la regia di Roberta Torre, nella parte di Irene Laurier, ex sex symbol internazionale di b-movies e mamma sregolata della protagonista Dafne/Lodovica Comello. La Banci restituisce a questa donna disillusa, «tradita ma irrimediabilmente fedele» tutta la sofferenza e le contraddizioni di cui è prigioniera; Flavio Colli, editore, uomo di successo, all’apparenza superficiale e sicuro di sé è Paolo Sassanelli, noto al grande pubblico grazie a serie di successo come Un medico in famiglia (dove interpreta Oscar Nobili) e L’Ispettore Coliandro (dove è l’Ispettore Gamberini), attore che passa con disinvoltura e bravura dalla tv, al teatro (con Pierfrancesco Favino cura la regia dello spettacolo Servo per due di Richard Bean in tournée con grandissimo successo dal 2013 al 2016) al cinema dove lavora fra gli altri con Matteo Garrone (Terra di Mezzo), Giorgia Cecere (In un posto bellissimo), Giuseppe Piccioni (Giulia non esce la sera), Francesco Amato (Cosimo e Nicole), Paolo Genovese (Sei mai stata sulla luna?), Paolo Virzì (Notti magiche). Nel 2017 gira suo primo lungometraggio come regista Due piccoli italiani. Nel 2018 il film viene selezionato fuori concorso al Bari International Film Festival. Chiude il quartetto di attori Daniele Natali, il nevrotico, cerebrale e geloso Lorenzo, schiavo dell’amore per Nora e ossessionato dall’impossibilità di possedere il suo io più profondo che gli rimane precluso. Attore e doppiatore (è la voce di Milo Ventimiglia nella serie Heroes e di Dan Byrd nella serie Cougar Town,) in teatro lavora fra gli altri con Fausto Paravidino, Duccio Camerini, Luca Archibugi, Antonio Ianniello. È nel cast del film Sulla mia pelle di Alessio Cremonini e Nevermind di Eros Puglielli (2018). Ha preso parte a diverse serie televisive (Distretto di polizia, Don Matteo 4, Rex e nel 2019 lo vedremo nel cast della terza serie dedicata a Rocco Schiavone).
«Quattro personaggi: un giornalista, il suo editore e le rispettive mogli, che si trovano ad affrontare un viaggio in Africa, nel Gabon. Dalle atmosfere borghesi, in una Roma conosciuta e notturna, dove le relazioni sono più nascoste e trattenute, all’Africa, che come dice Moravia è “il più nobile monumento che la natura abbia mai eretto a se stessa”, tutto diventa vero, senza struttura, esplode, l’uomo tende a dominare, la donna a sottrarsi, il possesso definitivo è impossibile e l’amore, come la vita, è uno stato d’allarme continuo. Partire dalla fine quindi, da queste ultime pagine con cui c’ha salutati. La mattina in cui è mancato, il 26 settembre 1990, è stata trovata, l’ultima stesura del romanzo in versione manoscritta. Il giorno dopo sarebbe cominciato il lavoro con la dattilografa.»Michela Cescon
«Con il testo che lascia sulla sua scrivania in una cartellina blu la mattina della sua morte, Alberto Moravia chiude il cerchio aperto sessanta anni prima con gli Indifferenti. Se nel 1929 la questione che si poneva era quella di “fondere la tecnica del teatro con quella del romanzo” vediamo a quale grado essenziale fosse giunto nel risolverla alla fine del secolo scorso, muovendo i suoi personaggi dalla scena del salotto romano alle rive estreme dell’Africa, dove il gioco di specchi dell’amore coniugale si fa definitivo e accecante come la luce dei tropici.
Due coppie ingaggiano una danza elegante e brutale, si sfidano allo scambio e alla disgregazione, alla guerriglia mondana e al compromesso di poteri e ruoli – tra moglie, marito e amante, direttore imprenditore e giornalista, colonizzatori e colonizzati – spingendosi nei territori d’ombra inesplorata, fino a restare nudi di fronte a se stessi. Ma sulla scena che non conosce la Storia, dove potremmo vedere improvvisamente un mammuth passeggiare sulla spiaggia, sarà la donna autonoma come un felino a segnare il confine oltre il quale amare significa non capire» Lorenzo Pavolini
Prossimo appuntamento: lo spettacolo di prosa Barzellette di e con Ascanio Celestini , in cartellone giovedì 12 marzo alle ore 21.
Informazioni: tel. 0536/304034 – info@cinemateatromacmazzieri.it – www.cinemateatromacmazzieri.it