Anastasiia Chekaeva è residente in Italia, sposata con un italiano e madre di una bambina. Perché la giustizia del nostro Paese non protegge questa famiglia?
La vicenda inizia 3 anni fa. Anastasiia vive e lavora a Voronezh, Russia insieme al compagno (ora marito) Fabrizio Crespi, titolare dell’agenzia di viaggi dove lei è impiegata. L’agenzia è ubicata all’interno del centro commerciale Galleria Chizhov, il cui legale rappresentante è Klimentov Andry Vladimirovich, Vice Presidente della Commissione per il Lavoro e la Protezione Sociale della popolazione, e il cui fondatore è Chizhov Sergey Viktorovich, dal 2007 deputato della DUMA di Stato della Russia – entrambi noti esponenti politici del partito “Russia Unita”, il cui leader è Vladimir Putin.
Un tour operator cancella una serie di viaggi che l’agenzia aveva venduto, ma Anastasiia e Fabrizio Crespi, pur non essendo responsabili delle cancellazioni, si trovano costretti a prendersi carico dei rimborsi.
A questo punto inizia una campagna di diffamazione nei loro confronti, per cui la coppia decide di fare ritorno in Italia – dove vive legalmente dal gennaio 2018, e dove la loro bambina inizia a frequentare le scuole elementari.
Seppure la vicenda amministrativa sia conclusa, Chizhov e Vladimirovich decidono di avviare un procedimento penale nei confronti di Anastasiia, a detta loro giustificato per vendicarsi della “cattiva pubblicità” causata dall’agenzia situata nella loro galleria.
Ottengono – grazie alla loro posizione politica – che venga emessa domanda di estradizione all’Italia, quando in realtà il rappresentante legale dell’agenzia di viaggi è Fabrizio Crespi, marito della Chekaeva e cittadino italiano, che non avrebbe potuto essere estradato in Russia. A lui viene diretta una forte campagna di intimidazione e minacce, iniziata immediatamente e motivo principale per cui la coppia torna in Italia – per assicurarsi dell‘incolumità della famiglia.
Eppure, il governo italiano non ha considerato nessuno di questi elementi, non opponendosi minimamente al processo di estradizione. Fino a venerdì 22 gennaio, quando Anastasiia viene prelevata e si trova ora nel carcere di Sassari in attesa del trasferimento in Russia.
L’autorità giudiziaria italiana, sia nella fase giurisdizionale che precede la decisione di consegna del Ministro della Giustizia, sia nella fase amministrativa successiva alla decisione, ha rigettato i ricorsi e le istanze della difesa, nonostante la insussistenza oggettiva delle condizioni legittimanti l’estradizione – non prendendo in considerazione i dettagli dei ricorsi o la situazione della famiglia.
Possiamo permettere che una bambina di 7 anni perda la madre perché il Ministero della Giustizia non vuole ‘pestare i piedi’ a un politico russo?
È stato violato sia il diritto al giusto processo, sancito dal §6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, ratificata dall’Italia e dalla Russia, sia il diritto a non subire trattamenti crudeli, disumani o degradanti, stabilito dal § 3 della stessa CEDU, tenuto conto della situazione di sovraffollamento e delle gravissime condizioni igienico-sanitarie della popolazione carceraria della Federazione Russa, in particolare dei centri di detenzione preventiva (SIZOs), come risulta dalla documentazione prodotta nei vari giudizi.
La situazione è ulteriormente aggravata dalla emergenza sanitaria dovuta alla diffusione dei contagi da Covid-19 nelle carceri russe, circostanza documentata anche in relazione alle particolari condizioni di salute della Chekaeva che è affetta da asma allergica con broncospasmi e rischio di contrarre la polmonite.
Risulta violato anche il diritto della figlia minore, cittadina italiana, a conservare il rapporto con la madre, in violazione della § 8 della CEDU, considerato che la vita della bambina è radicata in Italia.
Bisogna agire d’urgenza. Non permettiamo che questa madre vada incontro a possibili 10 anni di carcere per soddisfare la sete di vendetta di un politico russo. Abbiamo pochissimi giorni per creare una campagna di sensibilizzazione pubblica affinché il Ministero della Giustizia fermi l’estradizione.
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Questo comunicato è stato compilato da Veronica Crespi, sorella di Fabrizio Crespi.
I dettagli della vicenda sono estratti da una sintesi compilata dai legali della coppia, Pina Di Credico e Fabio Varone, e possono da questi ultimi essere confermati.
Per qualsiasi richiesta di approfondimento e/o immagini da allegare alla pubblicazione, si prega di contattare vero.crespi@gmail.com o +44(0)7726781198.