Fra pochi giorni sarà l’otto marzo, la Giornata internazionale della donna, durante la quale ogni anno ricordiamo l’impegno dell’universo femminile nella conquista dei diritti sociali, economici e politici, e nella lotta alle discriminazioni e alle violenze che ancora segnano il nostro tempo. Le mimose con il loro significato simbolico ricorderanno ancora una volta che è necessario continuare ad agire in maniera incisa, risoluta e coesa. Insieme, uniti, anche nella nostra diversità femminile per fare in modo che la parità di genere sia una parità in tutti i sensi.
L’anno scorso la web conference “Verso una Strategia Nazionale sulla parità di genere” promossa dalla Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, si è aperta con un videomessaggio del Presidente del Consiglio Mario Draghi che sottolineava la necessità di azioni mirate e profonde riforme per coinvolgere pienamente le donne nella vita economica, sociale e istituzionale del Paese. Ma, ribadiva, dobbiamo prima di tutto cambiare noi stessi nella quotidianità della vita familiare. Il tema della parità di genere continua ad essere molto presente nel dibattito contemporaneo perché sono ancora tanti gli aspetti sociali, culturali e legislativi che devono essere affrontati e risolti affinché si arrivi ad una vera gender equality.
Carola Salvato, CEO di Havas Life Italy, presidente di AssoHealth e Global Women in PR Italia, approfondisce il tema dell’imprenditoria femminile e la parità di genere in aziende e istituzioni, con un focus sulle sfide che il contesto globale pone in aree strategiche del management.
Come si può andare verso la piena parità di genere nei ruoli apicali delle aziende italiane?
“In primis riconoscendo e promuovendo il valore che portiamo in dote. A seguire integrando la diversità a partire dal suo potenziale intrinseco anziché dal politically correct. Anche il talento è uno degli aspetti cruciali ma non l’unico. L’essere umano può superare ogni ostacolo se con intenzione autentica si impegna per superare i modelli mentali che lo tengono incatenato a stereotipi limitanti. Quindi c’è bisogno di fare cultura. Altrimenti il rischio è di focalizzarci sull’incremento del numero di donne nei tavoli che contano e non sulle ragioni per cui questa presenza è vitale per il nostro progresso. Ritengo inoltre, senza ombra di dubbio, che il significato della leadership si debba ulteriormente evolvere per rispondere a bisogni senza precedenti, e che noi manager donne dobbiamo allenare le nostre abilità di facilitatrici. Il mondo ha bisogno di manager influenzatori che comprendano la direzione “human-centered” di cui la società necessita.
Di nuovo il tema della formazione: senza consapevolezza ogni azione risulta poco efficace e i tempi di allungano. Le donne, ce lo dicono le statistiche, ottengono ottimi risultati nel percorso scolastico e sono preparate per occupare un ruolo apicale. Grazie alla loro tenacia, all’attitudine per l’ascolto e al coraggio che esprimono attraverso le loro paure possono essere delle magnifiche leader inclusive. Una donna leader per me è una persona che ha una grande capacità di ispirare, guidare e motivare un team per realizzare obiettivi ambiziosi in maniera partecipativa e collaborativa; una professionista che possiede doti di comando, assertività e determinazione e che è in grado sia di mettere insieme punti di vista divergenti senza polarizzazioni sia di offrire spazi di dialogo e confronto senza paura dei possibili scontri. Prima di tutto però le donne devono credere in sé stesse, sono nate già 100% abili. Noi siamo potenziale in movimento. Le ricerche dimostrano che le aziende più diversificate sono più innovative e perciò più competitive. La crescita inclusiva è un impegno sociale e politico che ha il potere di impattare sul PIL. Possiamo provarlo anche con i numeri senza rischio di essere smentite”.
Nel nostro Paese, quanto siamo vicini al raggiungimento della parità di genere?
“Noi donne rappresentiamo il 51.7% del corpo elettorale, produciamo oltre il 40% del PIL e concorriamo al consumo per il 66% ma ci vorranno decenni anni per raggiungere la parità e su diversi fronti. 1 donna su 2 non lavora. Quando è scoppiato il Covid su 4 posti di lavoro persi, 3 erano di donne“. “Le conseguenze economiche degli stereotipi sociali sono rilevanti. il divario di genere in Italia deve essere una priorità e, fra le azioni da intraprendere, c’è quella di colmare la differenza di salario fra uomini e donne. Per eliminare il gender pay gap è necessario risolvere tutte le sue cause profonde.
La costituzione italiana all’art. 37 stabilisce che: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.
Nonostante la parità di genere sia sancita dalla Costituzione sappiamo bene che in Italia siamo ancora molto lontani dal traguardo. Nella nostra società la disuguaglianza di genere colpisce la donna in diversi ambiti: sociale, lavorativo, politico, economico, familiare. Lo abbiamo visto anche durante la pandemia dove le donne sono state le più penalizzate in termini di lavoro e famiglia. Va ricordato che nel 2021 per la prima volta in Italia è stato elaborato un documento per la Strategia Nazionale sulla parità di genere promosso dalla Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti”.