Lo scrissi d’impeto posando lo sguardo sul passato, lo misi nel cassetto e li rimase fino a quando, passito come il vino lo decantai per rileggerlo ancora una volta, risvegliando con un sorriso quella parte di vissuto sopita ormai da anni.
Spensierata giovinezza e sindrome di Peter Pan connubio perfetto per dei vitelloni che inseguirono i loro sogni con ingenua caparbietà e ostinata follia, dove la ricerca di un auto diventa la chiave di un esilarante sodalizio. Ripercorrere quei momenti rilascia istanti di malinconia spazzati via senza indugi dalla freschezza di queste pagine che risorgono come la fenice dal nero inchiostro. Sprazzi di un passato come tanti, ma pasciuti, ironici, e densi come la sapa da mosto.
Romanzato, enfatizzato, demenziale, sarcasticamente autoironico e farcito di giuliva passione che deborda da ogni frase, retaggio di una trascorso giovanile dove il confine fra realtà e fantasia è poroso ed effimero. Storie vere con personaggi fantastici e luoghi comuni, ma non per questo banali e degni di lettura. In questo racconto il trascorrere del tempo traspare fra una battuta e l’altra, correndo a perdifiato fra le colline dei ricordi, fra quelli ancora verdi qui riuniti e gli altri sbiaditi che vorrei cogliere prima di dichiararli dispersi nei meandri della memoria.