È la tecnologia audio che sta facendo impazzire tutta l’Italia, che consente di “ingannare” il cervello nella percezione della provenienza spaziale dei suoni.
Nelle ultime settimane, complice forse la noia da quarantena, sulle chat di decine di migliaia di italiani hanno iniziato a girare degli insoliti file audio in 8D, da ascoltare rigorosamente con le cuffie. Un formato tecnologico che in questi giorni sta godendo di un boom di popolarità. Una “tendenza musicale” che non poteva certo sfuggire allo staff di Chitarrafacile.com, sempre attenta alle novità del settore e a ciò che più piace ai suoi utenti, che ha deciso di analizzare questi particolari formati, per individuare cosa li renda così speciali.
Ciò che si nota per primo è la particolarità dell’ascolto. Sembra, infatti, di ascoltare una musica in un ambiente aperto, e di venire completamente circondati da ogni singolo elemento che compone il suono, non solo destra e sinistra, ovvero, da ogni singola cuffia, ma anche da davanti e da dietro.
Questo è possibile perché, grazie agli strumenti tecnologici di cui disponiamo oggi, sono state riprodotte le rifrazioni sonore che in natura si creano quando un’onda incontra un ostacolo. Le orecchie umane sono direzionate per prendere il suono migliore da davanti, quindi, un suono che arriva da dietro sbatte sul padiglione auricolare e deve, in un certo senso, “fare il giro dell’orecchio”. In questo modo le frequenze alte si perdono parzialmente e quello basse, caratterizzate da una maggior facilità di propagazione, arrivano più facilmente. Tali caratteristiche vengono, poi, rielaborate dal cervello, che capisce la collocazione nello spazio della fonte.
Per ingannare il cervello, dunque, questi file audio 8D giocano sulle frequenze e sull’equalizzazione, ricreando artificialmente gli effetti degli “ostacoli” che ciascun suono avrebbe riportato, se fosse stato prodotto da una fonte collocata in un punto specifico. In sintesi, non si tratta altro che di un inganno al nostro cervello.
“Il segreto degli audio in 8D sta nel fatto che non si ascoltano con le orecchie, ma con in cervello, è questo che li rende così interessanti. Ho cominciato a studiare quella che viene definita “psico-acustica”, per una questione pratica e di curiosità personale, per capire quanto realmente si potesse simulare il suono di un amplificatore di chitarra tramite il digitale. Per me è stato come entrare nel paese dei balocchi, perché quando un musicista capisce come il cervello elabora i suoni, pensa subito a come applicarlo per fare musica. – spiega David Carelse di Chitarrafacile.com – Quando qualsiasi fonte sonora emette un suono, questo si propagherà nella stanza o ambiente in cui ci troviamo, rimbalzando sulle pareti per poi tornare indietro. Le nostre orecchie presentano numerose pieghette, fatte per catturare il suono in modi diversi, a seconda della direzione di provenienza. Insomma, qualsiasi suono, a meno che non ci troviamo in mezzo al deserto, lo sentiamo più di una volta. Grazie a queste rifrazioni delle onde, il nostro cervello capisce se l’ambiente in cui siamo è piccolo, grande, se il suono proviene da davanti, dietro, destra o sinistra. Il ritorno del suono è detto riverbero, e già giocando sull’effetto riverbero riusciamo a ingannare il cervello sulla grandezza dell’ambiente”.
Gli esperimenti su questo genere di sonorità iniziarono già negli anni ’70, ma è solo da circa una decina di anni, grazie al miglioramento dei processori che si è riusciti ad ottenere risultati di alto livello.