SoloAffitti parla di una contrazione della richiesta che potrebbe compromettere l’intera stagione, con una possibile riduzione del 40% dei posti letto. Ma, nel lungo periodo, chi sopravvive potrebbe incassare di più.
L’emergenza sanitaria da coronavirus ha avuto enormi ripercussioni sul turismo, paralizzando un settore che vale circa 230 miliardi di euro l’anno, con un’incidenza sul PIL nazionale vicina al 13%, producendo reddito per circa il 5% dei lavoratori totali. Come è ovvio pensare, non è rimasto indenne neanche il settore degli affitti brevi, siano questi presso affittacamere o appartamenti, anche se il suo futuro economico a lungo termine potrebbe rivelarsi tutt’altro che drammatico, come forse accadrà per gli alberghi.
La domanda di affitti brevi, scelti principalmente dai turisti, ma anche da chi si sposta per motivi di lavoro, è sempre stata caratterizzata da trend positivi tutto l’anno, con picchi in alta stagione, ma si è ora arrestata bruscamente, e si prevede che questo stallo proseguirà per almeno altri 3 mesi. a dichiararlo è SoloAffitti, leader nel settore. Grazie alla sua formula caratterizzata da una maggiore elasticità, che permette di massimizzare i guadagni in momenti di alta stagione e di ridurre le perdite in un momento di bassa stagione, gli affittacamere, però subiranno un colpo meno duro rispetto agli albergatori e, coloro che riusciranno a sopravvivere a questo periodo difficile, a lungo termine, potrebbero uscirne rafforzati, con margini di guadagno superiori al passato.
“L’attuale situazione ha bruciato il ricavo di tutta l’alta stagione per migliaia di imprenditori turistici, producendo centinaia di migliaia di euro di perdite per i 3 e 4 stelle, e milioni di euro di perdite per gli hotel a 5 stelle. – ha commentato Silvia Spronelli, CEO di SoloAffitti – Queste strutture hanno dei costi molto più alti rispetto, ad esempio, ad un affittacamere. Un albergo che fattura 2 milioni di euro l’anno, ha costi di produzione per circa 1 e 900 mila euro, in uno scenario positivo. Quindi, deve gestire dei mesi in perdita che, statisticamente, vengono compensati dai mesi di alta stagione. Un affittacamere, al contrario, deve solo sopportare qualche mese di mancato incasso sia per sé stesso che per il proprietario dell’immobile che, con un po’ di dialogo e di comprensione, o il ricorso ad un intermediario, è una abbastanza semplice da gestire. Ne consegue che, sono le strutture da 3 a 5 stelle stanno chiudendo per arginare le perdite, nella speranza di poter riaprire presto, mentre quelle di categoria inferiore potranno restare a disposizione di eventuali richieste dei prossimi mesi, ipotizzando, al termine dell’emergenza, una crescita degli affari e del margine di fatturato”.
Purtroppo, infatti, saranno diverse le strutture ricettive che potrebbero non sopravvivere al coronavirus, finendo con il chiudere in via definitiva. Questo potrebbe portare ad una riduzione dei posti letto nelle varie località. Ne consegue che, quando le cose saranno, finalmente, tornate alla normalità, la domanda turistica tornerà ai valori precedenti alla crisi, mentre l’offerta sarà inferiore.
“Pensiamo, ad esempio, ad una città in cui ci sono 100.000 posti letto – spiega Silvia Spronelli – e al termine della crisi questi risultano, molto probabilmente, ridotti del 40%, un numero insufficiente a soddisfare le richieste dei turisti o di chi ha necessità di spostarsi per un breve periodo, quando torneremo alla normalità. Ne consegue che, chi riuscirà a sopravvivere alla crisi, ne uscirà rafforzato, potendo anche aumentare i prezzi dei servizi e il suo margine di guadagno. Va, però, tenuto sempre in considerazione che il proprietario che vuole essere garantito e non accettare di essere parte di questa scommessa, che implica un certo rischio e spirito imprenditoriale, può sempre decidere di uscire momentaneamente dal mercato andando ad affittare il proprio immobile nel mercato tradizionale, usando un contratto transitorio da 6 mesi o da 1 anno”.