“Quasi sette ore che vago per la città. Cercavo rimorsi. Non li ho trovati. Ho ucciso quell’uomo”. Questo l’esordio in scena di Katharina Blum, 27enne irreprensibile domestica tedesca di casa Blorna che si costruisce alla polizia per aver ucciso il giornalista Werner Tötges, giornalista senza scrupoli della stampa scandalistica che ha distrutto la reputazione della donna.
In scena fino al 15 dicembre al Teatro Eliseo di Roma, L’onore perduto di Katharina Blum, dall’omonimo romanzo del 1974 del Nobel Böll e diretto da Franco Però (produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia), è atto unico avvincente e spietato, adattamento della drammaturga Letizia Russo che mantiene la costruzione di un giallo a ritroso con Elena Radonicich nel ruolo di Katharina e Peppino Mazzotta nei panni dell’irreprensibile avvocato Blorna.
Elena Radonicich interpreta con convinzione e dedizione la bellissima Katharina, donna integerrima che si innamora a prima vista di un piccolo criminale, sospetto terrorista, favorendone la fuga. Viene interrogata dalla polizia, accusata di essere complice dell’uomo: su di lei il giornalista Werner Tötges costruisce una spietata macchina del fango, fatta di notizie manipolate (se non false), titoli sensazionalistici, violazione senza limiti della privacy. Katharina viene offesa, isolata, la vita dei suoi conoscenti e dei suoi datori di lavoro, gli amorevoli coniugi Blorna, violata; lo Stato non la protegge: la sua reputazione è distrutta, il suo odore perduto e la donna non può fare altro altro uccidere, senza rimorsi, Tötges, per poi costituirsi alla polizia.
Nel 1974, Böll anticipava gli effetti disastrosi del giornalismo scandalistico contemporaneo fra fake news e attacchi social mettendone in evidenza quelle che possono essere le estreme conseguenze: “come la violenza può svilupparsi e dove può portare” è il sottotitolo del romanzo di Böll che si dimostra ancora attualissimo e anticipa con sagace lungimiranza la deriva di una certa comunicazione di massa contemporanea.
Terribilmente attuale, il testo di Böll adattato dalla Russo è un lungo atto unico molto parlato che non lascia tregua allo spettatore e lo avvolge in un clima sempre più soffocante: nonostante la vicenda sia cupa e i protagonisti vengano stritolati e restino impotenti, incapaci di liberarsi dalla manipolazione mediatica, viene per mantenuta una certa leggerezza ironica e sarcastica.
È con sguardo quasi distante che il regista attraverso il testo muove i personaggi e guarda con disprezzo il linguaggio della stampa scandalistica: lo sguardo fra realtà e manipolazione della realtà viene poi rafforzato dalla scenografia di Domenico Franchi che realizza delle strutture con con porte trasparenti che si aprono e si chiudono creando piccoli ambienti e offrendo alla regia la possibilità di osservare contemporaneamente diversi momenti e personaggi della vicenda. Franco Però sceglie una regia dal taglio cinematografico strutturando sequenze toglienti e affidandosi al punto di vista di Katharina che parla in prima persona rievocando quando accaduto. Cupe, ma avvolgenti le luci di Pasquale Mari cui costumi anni Settanta di Andrea Viotti.
Accanto a Elena Radonicich, Peppino Mazzotta, molto intenso nel ruolo dell’avvocato Hubert Blorna e gli altri attori del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, ottima compagnia del teatro. Uno spettacolo avvincente e costruito con finezza narrativa per riflettere sull’agghiacciante potere di manipolazione delle comunicazioni di massa e i suoi effetti devastanti: e vedere lo spettacolo vi farà tornare la voglia di leggere o rileggere il romanzo di Heinrich Böll.
Fino al 15 dicembre 2019 al Teatro Eliseo di Roma, info su www.teatroeliseo.com.